domenica, gennaio 29, 2006

Fahreneith 451 in salsa cinese



Mi ha sempre affascinato la storia di Google. Una storia, a dir la verità, molto americana; due studenti di Stanford (Sergey Brin e Larry Page) nel 1998 mettono a punto un nuovo sistema di ricerca su internet e lo chiamano Google che in matematica sta ad indicare un numero seguito da cento zeri. Google si è imposto come il più grande motore di ricerca del mondo. Funziona grazie a una rete di seimila server Linux che frugano Internet ventiquattr'ore su ventiquattro.
I due creatori di questo “mostro”, sono ancora a capo della loro società. Sergey Brin oggi è presidente e responsabile della tecnologia di Google; Larry Page, anch’egli presidente della società, è il responsabile del prodotto dopo aver ricoperto in passato anche la carica di CEO, amministratore delegato di quello che da molti è considerata una delle scommesse tecnologiche meglio riuscite di Internet. Google attualmente non ha rivali. La concorrenza è stata letteralmente sbaragliata e motori di ricerca utilizzatissimi dagli utenti della Rete fino a poco tempo fa, come Altavista, Lycos e Hot Bot, sono finiti nel dimenticatoio. Il merito è tutto di questi due ex studenti di Stanford che hanno capito una cosa essenziale: i navigatori di Internet vogliono motori di ricerca efficaci, precisi, che forniscono risposte attendibili. E che siano semplici da usare. Questa è la formula Google, un’idea che si è imposta proprio nel momento in cui i motori di ricerca storici si trasformavano in portali, ricchi di servizi e informazioni di ogni tipo, ma con un difetto: non fornivano risposte sufficientemente pertinenti alle ricerche degli utenti.
Ma è di qualche giorno fa la notizia che anche Google ha ceduto alle richieste del governo di Pechino di oscurare alcuni temi "poco graditi" . Tra gli argomenti che il potente algoritmo di Mountain View dovrà fare finta di non trovare ci sono infatti parecchi temi invisi al potere, come l’indipendenza di Taiwan, il massacro di Tienanmen, il Dalai Lama e la setta religiosa Falun Gong.
Qualcuno tra di voi, poveri ingenui, potrebbe chiedersi perchè mai un colosso come Google, da qualche anno quotato con successo al Nasdaq, dovrebbe piegarsi a tale richiesta che si pone in completa antitesi con lo spirito democratico di internet.
Beh, è semplice, per i soldi naturalmente, 1 miliardo e 300 mila persone, 100 milioni di navigatori che crescono al ritmo di 20 milioni all’anno e un mercato delle ricerche che nel 2004 era valutato intorno ai 151 milioni di dollari. Un potenziale paradiso commerciale e pubblicitario dove si sono già gettati, anch’essi a capo chino ovviamente, tutti i maggiori motori occidentali e dove alcune star locali come Baidu.com si rivelano sempre più temibili.
Chiudo con un' osservazione relativa alla Cina di oggi. Un regime che cerca di rendere cechi e sordi le persone, distruggendo cultura e informazione, è destinato, come dimostrano molti esempi della storia recente e meno recente, a soccombere. Una volta si bruciavano i libri ora si oscurano i siti

sabato, gennaio 28, 2006

nuvole


Se capita anche a voi di alzare gli occhi al cielo e, guardando le nuvole, di vedere draghi, gnomi e principesse vi consiglio di dare un occhiata a questo sito:

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lunedì, gennaio 16, 2006

il grande silenzio



E' possibile che un documentario (164 minuti di silenzio) possa stregare migliaia di tedeschi tanto da vincere al boxoffice natalizio? E' successo con "Die Grosse Stille" ("Il grande silenzio") di Philip Groning. Il film, presentato al Festival di Venezia, è tratto dall'esperienza del regista, che ha passato 6 mesi nel silenzio del monastero della Grande Chartreuse, nelle Alpi francesi, per documentare la vita dei Monaci Certosini. Per il cineasta girare questo film è stata la realizzazione di un sogno. "L'idea de 'Il grande silenzio' l'ho avuta nel 1984 - ha svelato Philip Groning - volevo realizzare una pellicola che consentisse a me di trovare una pace interiore e agli spettatori di incontrare se stessi". Groning presentò il progetto ai religiosi che però rifiutarono, rispondendogli che i tempi non erano ancora maturi: "Mi hanno ricontattato nel 1999 - ha raccontato il regista - per darmi l'autorizzazione a girare". Così tra l'estate del 2002 e l'inverno del 2003 Groning, da solo, armato di una cinepresa ad alta definizione e di 700mila dollari come budget, si è stabilito per sei mesi nel monastero. Un periodo del quale ricorda il grande freddo, l'ottimo rapporto con i monaci e la naturalezza con cui i religiosi, che non rompono quasi mai il silenzio, si sono abituati alla sua presenza: "Mi sono reso conto che nel vivere seguendo infinite regole, sono molto più liberi di quanto siamo noi".
Delle oltre 300 ore di girato Groning ha realizzato un documentario di poco meno di 3 ore, nel quale la vita quotidiana dei frati è riflessa dall'attenzione ai loro volti, agli oggetti che li circondano, ai dettagli, ai loro gesti, in un equilibrio di luce e di quasi totale assenza di parole. "Volevo raccontare il silenzio, il modo nel quale i monaci lo utilizzano per creare un proprio spazio interiore; volevo che il mio film diventasse un monastero".

In fondo questo mondo ha tanto, tanto bisogno di silenzio.

sabato, gennaio 14, 2006

i sogni e la passione

Sono così poche le cose che rendono veramente felice una persona. Molti si accontentano, rinunciano ancor prima di tentare. Altri, invece, ci provano.
E provarci vuol dire ripartire da zero; rimettere in discussione tutto e tutti, in primo luogo sè stessi. Partire, con una meta nella testa ed una valigia piena di incertezze; sì, i dubbi.
Si parla tanto del bello che è nella certezza: sembra che si ignori la bellezza più sottile che è nel dubbio.
Credere è molto monotono, il dubbio è profondamente appassionante.
Un bagaglio crico di dubbi, quindi.
Sì, perchè un viaggio si sa, è sempre qualcosa di imprevedibile, di imponderabile, sai dove ha inizio ma, una volta mosso il primo passo, non sai dove e soprattutto come avrà termine. Ecco allora che qualunque sia la meta, una cosa non deve mai mancare: la passione.

domenica, gennaio 08, 2006

val roseg


Durante la settimana:

- ci alziamo presto per andare al lavoro;
- facciamo la fila in macchina (io ne faccio meno perchè uso la vespa) o ci pigiamo in mezzi di trasporto pieni all'inverosimile
- passiamo dalle otto alle dieci ore chiusi in un ufficio ad incazzarci con il mondo intero;
- usciamo dall'ufficio e rifacciamo le file;
- andiamo nei supermercati e nei negozi per comprare delle cose che crediamo ci possano servire, ma di cui in realtà potremmo
benissimo fare a meno;
- arriviamo a casa ed accendiamo la televisione per vedere delle porcate indegne;
- abbiamo il tempo a mala pena di scambiare due parole con la persona che vive con noi.

Durante il week end, invece, andiamo in posti come questo per riprenderci dalla stanchezza accumulata ed essere pronti a ricominciare una nuova settimana.
Secondo me c'è qualcosa che non va.

venerdì, gennaio 06, 2006

siamo tutti dei Don Chisciotte


«A cavallo dell'impossibile!». Inizia con le note di «Heroes» di David Bowie lo spettacolo che Corrado Accordino dedica al cavaliere errante e al suo fedele scudiero, nel quarto centerario dalla pubblicazione dell'opera di Miguel de Cervantes. Uno spettacolo dal ritmo incalzante, con in scena i bravi Alberto Astorri e Corrado Villa, che giocano con i personaggi entrando e uscendo dalle parti, scambiandosele, mescolando il linguaggio del '600 con quello di oggi, i problemi del seicentesco cavaliere errante con quelli di un attore di oggi. Come Don Chisciotte se la doveva vedere con giganti e incantamenti, così il teatrante del duemila deve affrontare la difficoltà di vivere del proprio mestiere e di trovare motivi validi per andare avanti, resistendo alla tentazione di vendere le bibite a San Siro («lo stipendio è basso ma vedi l'Inter gratis, vuoi mettere?»). Illuminante in questo senso il sottotitolo dell'opera: «Come fallire la propria vita ma fallirla di poco». Il cavaliere errante cerca riparo da una società crudele rifugiandosi nel sogno, l'attore osserva la sua folle avventura con la domanda «di rito»: «Essere o non essere?».
Al Teatro Libero di Milano fino al 15 gennaio.


Nel giorno del mio 39° compleanno siamo andati a teatro a vedere Don Chisciotte. I compleanni sono messi lì apposta per spendere qualche minuto pensando a ciò che avremmo voluto essere e ciò che in realtà siamo diventati. In quei momenti mi sento molto Don Chisciotte.

mercoledì, gennaio 04, 2006

una favola moderna

Un Davide italiano ha battuto un Golia americano. In Italia non ce ne siamo quasi accorti, ma in Francia sì.
Éric Jozsef ha raccontato ieri sul quotidiano « Liberation » la storia di Luca Digesù, giovane panettiere di Altamura, che ha aperto un negozietto nella stessa piazza dove, dal 2001, sorgeva un McDonald's. « La mia idea era di approfittare della presenza del fast food, sempre molto frequentato, e " rubargli" qualche cliente — ha spiegato Digesù al giornalista francese —. Non volevo combattere alcuna guerra, solo farmi una mia piccola clientela » .
Jozsef spiega divertito e con un certo malcelato entusiasmo, che in pochi mesi « il pane e le specialità artigianali del giovane fornaio, le sue focacce aromatizzate, i panini con olive o pomodorini, le salsicce, i dolci locali » hanno avuto la meglio su « Big Mac, Chicken McNuggets e patatine fritte » : il McDonald's da 550 metri quadrati ha chiuso da un giorno con l'altro e la grande " M" gialla e rossa dell'insegna « è stata smontata in una notte » . Éric Jozsef, da anni corrispondente dall'Italia di « Liberation » , ha colto l'occasione per passare qualche giorno ad Altamura e descrivere ai suoi lettori questo piccolo gioiello pugliese. Oltre al forno di Digesù ha frequentato quello di Vito Macella, nell'antico quartiere greco del paese: « Il forno a legno misura circa 50 metri quadrati ed è stato costruito nel 1423 » . Nicola, un cliente abituale entrato in panetteria per comprare una grande pagnotta, dice di non avere alcuna nostalgia di McDonald's: « A Milano, dove mi sono trasferito per lavoro — ha raccontato Nicola al giornalista francese — questi locali vanno benissimo e ogni tanto ci entro anch'io, perché ho sempre fretta.
Ma qui ad Altamura no » ! Il posto di McDonald's è stato preso da una banca. A due passi c'è il liceo Mercandante: due ragazze hanno confessato il loro dispiacere per la chiusura di McDonald's. « Non per gli hamburgher però. Ci piaceva il gelato » , hanno detto a Jozsef.
Ma la testimonianza più curiosa è quella di Onofrio Pepe, un giornalista locale: « La morale di questa storia è che non bisogna essere dei José Bové ( il contadino francese condannato per aver materialmente distrutto un McDonald's in Francia, ndr). Qui la concorrenza alla multinazionale degli hamburgher è stata leale, pacifica: gli americani pensavano di vincere anche ad Altamura. Invece siamo stati noi a circondarli e bombardarli a colpi di salsicce, focacce e specialità locali » . Luca Digesù, dal canto suo, ha un piccolo grande sogno: aprire una panetteria a Roma e da lì spedire i suoi prodotti " made in Italy" in tutto il mondo. « La multinazionale sconfitta a colpi di focaccia con salsicce locali » « Libération » esulta: ad Altamura il colosso americano ha chiuso.

Tratto da "il Sole 24 ore" del 4 gennaio 2006

martedì, gennaio 03, 2006

la via


"Qualsiasi via è solo una via, e non c'è nessun affronto a se stessi o agli altri, nell'abbandonarla, se questo è ciò che il cuore di dice di fare.
Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione e provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda. Questa via ha un cuore ? Se lo ha, la via è buona se non lo ha, non serve a niente".

Carlos Castaneda