Darfur
Poichè gli organi di stampa e le televisioni dedicano a questo genocidio ben poco, per non dire nulla, dei loro palinsesti, cerco, per quello che posso, di amplificare la notizia. Riporto direttamente dal sito www.peacereporter.com:
PARTI IN CONFLITTO
2003-OGGI: i due gruppi armati del Sudan Liberation Army (Sla) e del Justice and Equality Movement (Jem) si ribellano al regime del presidente Omar al-Bashir, colpevole secondo loro di non fare abbastanza per la popolazione darfurina, lasciata vivere in condizioni pietose in una delle regioni più povere del paese. Nell'autunno 2006 i due gruppi ribelli hanno deciso di unire le forze e di creare il National Redemption Front (Nrf).
Di contro il governo sudanese è sospettato di sostenere, soprattutto tramite bombardamenti aerei, le milizie arabe Janjaweed, responsabili degli attacchi contro la popolazione civile del Darfur.
VITTIME
Il bilancio è di 300 mila morti (5 mila secondo il govero sudanese), 200 mila profughi fuggiti in Ciad e un milione e mezzo di sfollati interni. Inoltre diverse testimonianze di abitanti, osservatori e operatori umanitari hanno parlato di lager dove guerriglieri e civili vengono rapiti e torturati o uccisi, e dove le donne subiscono violenze carnali. Anche i ribelli si sarebbero macchiati di atrocità nei confronti della popolazione civile.
RISORSE CONTESE
Il territorio del Darfur, con un’estensione pari a quella della Francia, è la principale risorsa contesa tra le parti in conflitto. Il motivio principale del conflitto sono le rivendicazioni delle popolazioni darfurine, che chiedono più potere decisionale e maggiore attenzione allo sviluppo della regione da partei di Khartoum. A complicare il quadro è arrivata la recente scoperta di giacimenti petroliferi della regione, che hanno attirato l'interesse della comunità internazionale e di parte dei membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
FORNITURA ARMAMENTI
Iran, Cina, Russia, Bielorussia e alcune società lituane, ucraine e inglesi sarebbero tra i principali fornitori di armi del governo sudanese (e di conseguenza delle milizie Janjaweed) secondo Amnesty International.
Si sospetta invece che Stati Uniti, Israele ed Eritrea appoggino i ribelli di Sla e Jem.
SITUAZIONE ATTUALE
A due anni e mezzo dallo scoppio della guerra civile il Darfur continua ad essere teatro di una crisi politica e umanitaria che peggiora di giorno in giorno.
Inizialmente le testimonianze di profughi e sopravvissuti, le rare notizie delle agenzie, i reportage degli inviati e i rapporti di osservatori ed esperti avevano fatto pensare a un genocidio eseguito accuratamente dal governo filo-arabo sudanese ai danni delle popolazioni africane che abitano il Darfur (i Fur, Massalit, Zaghawa e altre minoranze).
L’uso di questo termine per definire la crisi del Darfur costituisce un aspetto chiave dell’intera vicenda: se le Nazioni Unite riconoscessero nel Sudan occidentale un piano che prevede la distruzione di un intero gruppo etnico, razziale o religioso, sarebbero costrette ad intervenire militarmente, cosa che finora non è accaduta.
I tentativi di dialogo tra ribelli del Darfur e governo sudanese sono stati finora caratterizzati da una serie di promesse mancate e insuccessi. Le parti in conflitto si sono incontrate una volta nella capitale etiope, Addis Abeba, e in più occasioni nella capitale nigeriana Abuja. Proprio ad Abuja, nel maggio 2006, è stato raggiunto un accordo di pace, accettato però solo dal governo sudanese e da una fazione del Sla. Di conseguenza, la situazione sul campo è ulteriormente peggiorata, visto che agli scontri tra Janjaweed e ribelli, si sono aggiunti quelli tra le due fazioni del Sla.
Da ottobre 2006 si sono nuovamente intensificati gli attacchi dei Janjaweed contro ribelli e popolazione locale. Testimonianze di alcuni miliziani che hanno disertato confermerebbero gli stretti legami tra Khartoum e i Janjaweed, legami che il governo sudanese continua a negare. Le milizie Janjaweed sono attive anche in Ciad, dove sconfinano periodicamente per dare la caccia ai ribelli o colpire le popolazioni che vivono nei campi profughi.
In Darfur è presente una forza di 7 mila uomini dell'Unione Africana, mal equipaggiati e perennemente a corto di fondi. L'Onu ha approvato l'invio nella regione di un contingente di 20 mila caschi blu, a cui però il governo di Khartoum si oppone. Il supporto dato dal governo cinese al Sudan impedisce alle Nazioni Unite di adottare sanzioni contro il governo locale.
PARTI IN CONFLITTO
2003-OGGI: i due gruppi armati del Sudan Liberation Army (Sla) e del Justice and Equality Movement (Jem) si ribellano al regime del presidente Omar al-Bashir, colpevole secondo loro di non fare abbastanza per la popolazione darfurina, lasciata vivere in condizioni pietose in una delle regioni più povere del paese. Nell'autunno 2006 i due gruppi ribelli hanno deciso di unire le forze e di creare il National Redemption Front (Nrf).
Di contro il governo sudanese è sospettato di sostenere, soprattutto tramite bombardamenti aerei, le milizie arabe Janjaweed, responsabili degli attacchi contro la popolazione civile del Darfur.
VITTIME
Il bilancio è di 300 mila morti (5 mila secondo il govero sudanese), 200 mila profughi fuggiti in Ciad e un milione e mezzo di sfollati interni. Inoltre diverse testimonianze di abitanti, osservatori e operatori umanitari hanno parlato di lager dove guerriglieri e civili vengono rapiti e torturati o uccisi, e dove le donne subiscono violenze carnali. Anche i ribelli si sarebbero macchiati di atrocità nei confronti della popolazione civile.
RISORSE CONTESE
Il territorio del Darfur, con un’estensione pari a quella della Francia, è la principale risorsa contesa tra le parti in conflitto. Il motivio principale del conflitto sono le rivendicazioni delle popolazioni darfurine, che chiedono più potere decisionale e maggiore attenzione allo sviluppo della regione da partei di Khartoum. A complicare il quadro è arrivata la recente scoperta di giacimenti petroliferi della regione, che hanno attirato l'interesse della comunità internazionale e di parte dei membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
FORNITURA ARMAMENTI
Iran, Cina, Russia, Bielorussia e alcune società lituane, ucraine e inglesi sarebbero tra i principali fornitori di armi del governo sudanese (e di conseguenza delle milizie Janjaweed) secondo Amnesty International.
Si sospetta invece che Stati Uniti, Israele ed Eritrea appoggino i ribelli di Sla e Jem.
SITUAZIONE ATTUALE
A due anni e mezzo dallo scoppio della guerra civile il Darfur continua ad essere teatro di una crisi politica e umanitaria che peggiora di giorno in giorno.
Inizialmente le testimonianze di profughi e sopravvissuti, le rare notizie delle agenzie, i reportage degli inviati e i rapporti di osservatori ed esperti avevano fatto pensare a un genocidio eseguito accuratamente dal governo filo-arabo sudanese ai danni delle popolazioni africane che abitano il Darfur (i Fur, Massalit, Zaghawa e altre minoranze).
L’uso di questo termine per definire la crisi del Darfur costituisce un aspetto chiave dell’intera vicenda: se le Nazioni Unite riconoscessero nel Sudan occidentale un piano che prevede la distruzione di un intero gruppo etnico, razziale o religioso, sarebbero costrette ad intervenire militarmente, cosa che finora non è accaduta.
I tentativi di dialogo tra ribelli del Darfur e governo sudanese sono stati finora caratterizzati da una serie di promesse mancate e insuccessi. Le parti in conflitto si sono incontrate una volta nella capitale etiope, Addis Abeba, e in più occasioni nella capitale nigeriana Abuja. Proprio ad Abuja, nel maggio 2006, è stato raggiunto un accordo di pace, accettato però solo dal governo sudanese e da una fazione del Sla. Di conseguenza, la situazione sul campo è ulteriormente peggiorata, visto che agli scontri tra Janjaweed e ribelli, si sono aggiunti quelli tra le due fazioni del Sla.
Da ottobre 2006 si sono nuovamente intensificati gli attacchi dei Janjaweed contro ribelli e popolazione locale. Testimonianze di alcuni miliziani che hanno disertato confermerebbero gli stretti legami tra Khartoum e i Janjaweed, legami che il governo sudanese continua a negare. Le milizie Janjaweed sono attive anche in Ciad, dove sconfinano periodicamente per dare la caccia ai ribelli o colpire le popolazioni che vivono nei campi profughi.
In Darfur è presente una forza di 7 mila uomini dell'Unione Africana, mal equipaggiati e perennemente a corto di fondi. L'Onu ha approvato l'invio nella regione di un contingente di 20 mila caschi blu, a cui però il governo di Khartoum si oppone. Il supporto dato dal governo cinese al Sudan impedisce alle Nazioni Unite di adottare sanzioni contro il governo locale.