La festa è finita
Ora che anche l'ultimo pallone è entrato in rete, ora che anche l'ultimo grido è uscito dalla gola, ora che le luci dei riflettori dell'Olympiastadion si sono spente, a mente fredda, facciamo alcune considerazioni.
Ieri, mentre assistevo dalla finestra ai festeggiamenti, dentro di me facevo alcune riflessioni. Sicuramente ero contento della vittoria, ma l'emozione che stavo provando non era nemmeno paragonabile a quella che provai nel 1982. Perchè ? Penso che non ci sia una sola risposta a questa domanda, i motivi sono molti. Prima di tutto perchè il cammino di questa nazionale è stato completamente differente. In Spagna eliminammo l'Argentina, il Brasile, e che Brasile, la Polonia e vincemmo in finale con quella che allora era chiamata Germania Ovest. Nel Brasile giocava gente come Zico, Socrates, Falcao, Junior, nell'Argentina c'era Maradona, Bertoni, Fillol, Ardiles e nella Germania Rummenigge, Briegel, Littbarsky, Schumacher.
Quest'anno abbiamo affrontato, e parlo della fase ad eliminazione diretta, l'Australia, squadra che solo ora si sta affacciando al panorama calcistico che conta, l'Ucraina nella quale l'unico giocatore di spessore internazionale e Shevchenko, la Germania che poteva rappresentare un pericolo solo per il fatto di giocare in casa e, infine, la Francia tenuta in piedi ancora dalla vecchia guardia (Zidane, Viera, Thuram).
Un altro perchè è rappresentato dalla gara di ieri. Non certo esaltante, vinta ai rigori dopo essere, confessiamolo, stati dominati per lunghi tratti del secondo tempo e in tutti i tempi supplementari. Non mi è piaciuta nemmeno la cerimonia di premiazione. Ero legato al ricordo di Madrid, dove tutta la squadra salì in tribuna a ricevere la coppa dalle mani del re di Spagna senza tanti effetti speciali. Semplice e nello stesso tempo toccante.
Ieri invece premiazione sul campo con i soliti effetti speciali (coriandoli sparati dai cannoni) con Oddo che taglia i capelli a Camoranesi e Lippi che si fuma un sigaro. La spettacolarizzazione del calcio, trasformato da sport ad evento mediatico, ha imposto anche questa metamorfosi.
Ancora perchè. Perchè i giocatori di questa squadra non sono portatori di principi, di valori. Non possono essere d'esempio a nessuno. Fino all'altro giorno tutti chiedevano la testa di Lippi, oggi ha vinto e quelle stesse persone si sperticano le mani in applausi e lo implorano di rimanere al suo posto. Eppure il valore morale ed etico della persona non è cambiato. E anche da un punto di vista tecnico, i giocatori della nostra nazionale, non sono certamente dei fenomeni. Se penso che gente come Platini, Cruyff, Baggio, solo per citarne alcuni, non ha mai vinto i campionati del mondo, mentre Iaquinta (e qui so di fare felice il mio amico Roberto), Perrotta, Zaccardo, sempre per citarne alcuni, ieri alzavano la coppa, mi viene da rabbrividire. Ma tant'è, anche questo fa parte del calcio.
Non sopporto nemmeno l'enfasi data al ritorno degli "eroi". La televisione che trasmette l'arrivo a Ciampino, i giornalisti che cercano di conoscere i più "eccitanti" dettagli su quello che è successo dopo, Prodi che ringrazia la squadra per aver unito il Paese. Ma quale unità ? Questo Paese è un'accozzaglia di furbi ed arroganti e nessuna coppa del mondo potrà mai cambiare le cose.
Queste sono le considerazioni che ho fatto nelle ore successive alla vittoria. Ma sarei un'ipocrita se negassi di aver sofferto per questa squadra. Mentre batto sulla tastiera mi fanno ancora male i polpastrelli delle dita ormai prive di unghie. Perchè l'ho fatto ? Perchè, che piaccia o no, il calcio, anche questo calcio, è una trasposizione fedele della vita di tutti noi. In una partita ci sono 22 giocatori che rincorrono un pallone, nella vita, tutti noi, rincorriamo i nostri sogni e, proprio come nel calcio, a volte facciamo delle azioni bellissime, in altre occasioni falliamo dei gol a porta vuota, veniamo ammoniti, finiamo in fuori gioco e solo pochissimi fortunati vincono la coppa del mondo.
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