domenica, settembre 03, 2006

Camillo Golgi, il Nobel dimenticato


Questa mattina, sfogliando Repubblica, mi sono imbattuto in una di quelle storie che tanto suscitano il mio interesse. Mi riferisco alle vicende di Camillo Golgi, primo premio Nobel italiano (lo stesso anno, 1906, fu premiato anche G. Carducci) il quale ricevette l'ambito premio per la cosiddetta “reazione nera”, il metodo che egli aveva ideato per la colorazione dei singoli nervi e strutture cellulari, metodo fondamentale per osservare i processi nervosi. Quell'anno il Nobel per la medicina fu assegnato ex aequo. A condividere il premio con Golgi, infatti, c'era anche lo spagnolo Santiago Ramon y Cajal. I due non erano propriamente amici, anzi possiamo dire che erano i sostenitori di due opposte teorie e, in quanto tali, acerrimi rivali. Golgi sosteneva un’idea del sistema nervoso come rete continua, come interconnessione globale di tutti i centri nervosi. Questa convinzione rimandava peraltro all’idea dell’unità fondamentale delle funzioni cerebrali avanzata dal fisiologo francese Pierre Flourens ed abbracciata da Golgi, secondo la quale tutte le facoltà del cervello, da quelle percettive a quelle cognitive, erano il risultato di un’azione di massa dell’intero cervello.
Nel 1888, studiando al microscopio il cervelletto e la retina, Cajal osservava che alcuni assoni terminavano liberamente, senza nessuna interconnessione fisica con altre fibre nervose. Su queste evidenze, in un lavoro del 1889, Cajal concludeva che le cellule nervose, alla pari di quelle degli altri tessuti, dovevano essere considerate come unità indipendenti.
Il giorno della premiazione, Golgi salì sul palco, fece un un inchino a re Oscar II e attaccò con il suo discorso. Ma il suo non fu uno dei tanti discorsi di ringraziamenti che tante volte si ascoltano in occasioni simili, non fu un peana nei confronti della comunità scientifica, bensì un violentissimo attacco nei confronti del suo rivale volto a demolire le sue teorie.
Purtroppo per Golgi il tempo diede ragione allo spagnolo, la teoria del neurone, ancora oggi, è il paradigma delle neuroscienze e per l'italiano si spalancarono le porte dell'oblio.