L'ultima cena
Questa mattina, dopo aver prenotato circa un paio di mesi fa, sono andato al Cenacolo Vinciano. Visita estremamente interessante anche grazie alla competenza di Elena Ragazzi, la guida. Di seguito vi propongo la sbobinatura dei 15 minuti di commento all'opera di Leonardo.
Leonardo, nella realizzazione dell’opera, non utilizza la tecnica tradizionale dell’affresco, bensì una tecnica sperimentale; una tempera mista su un doppio strato di intonaco asciutto. Diciamo che di per sé la tecnica non è sperimentale in quanto la tempera mista veniva applicata alle tavole e sulle tele, ma mai sul muro a causa dell’umidità abbastanza elevata. Leonardo, però, con il doppio strato di intonaco, pensava di aver isolato a sufficienza il colore dall’umidità. In realtà dopo pochi anni, poiché aveva dipinto sull’intonaco asciutto e non fresco, il colore iniziò a staccarsi e in questo modo l’opera si rovinò abbastanza in fretta, tanto che dopo il ‘600 (circa dopo 150 dalla sua realizzazione) i frati della basilica pensavano di averla persa per sempre, in quanto, a quell’epoca il restauro non esisteva ancora. Quindi non si fecero alcuno scrupolo ad aprire, proprio nella parte inferiore del dipinto una porta di collegamento tra il refettorio e la cucina. Centocinquanta anni dopo l’apertura della porta sarebbe nata la tecnica del restauro. L’apertura di questa porta impedisce la visione della parte sottostante dell’opera privando il visitatore della vista dei piedi di Gesù. Inoltre, nel ‘700, la tecnica del restauro era completamente diversa da quella attuale che si basa sul pulire e consolidare, allora si tendeva a pulire e a ridipingere laddove il colore era andato perduto. Ragione per cui, l’ultimo restauro che è durato 21 anni è stato particolarmente impegnativo in quanto, i restauratori hanno dovuto, non solo pulire l’opera dalla sporco, ma anche da tutte le ridipinture che erano state appiccicate sopra il dipinto originario.
Se osserviamo ora il dipinto vediamo che è a macchie. Laddove osserviamo delle zone di colore più vivo, quello è il colore originale di Leonardo, dove, invece, vediamo il colore più sbiadito, lì è un’integrazione ad acqua (un acquarello) che è stato aggiunto per avere una visione non frammentata, ma abbastanza uniforme. E’ possibile, da questo, capire quanto, tutt’oggi, l’opera sia abbastanza sofferente dal punto di vista cromatico, molto diversa da come doveva essere alla fine del ‘400 quando Leonardo la realizza. Questo dal punto di visto tecnico.
Il momento rappresentato durante la cena è quello appena successivo all’annuncio del tradimento agli apostoli. Perché Leonardo sceglie proprio questo momento e non quello tradizionale della benedizione del pane e del vino ? Perché volle approfittare di questo dipinto per applicare tutti i suoi studi sulla fisionomia umana, la corrispondenza tra i tratti fisici e la psicologia, le emozioni (i famosi "moti dell’anima"). Quindi scelse proprio questo momento di grande turbamento, di grande angoscia e stupore. E infatti, osservando l’opera, non troviamo un apostolo uguale all’altro, hanno tutti espressioni diverse, fisionomie diverse e gesti diversi. Leonardo voleva proprio rappresentare la varietà umana.
I primi tre apostoli, partendo da destra, sono Simone, Taddeo e Matteo. Essi indicano con le loro mani e con i loro gesti Gesù, o meglio le parole che Gesù ha appena detto. Osservandoli, infatti, capiamo che stanno discutendo dell’annuncio. Il quarto apostolo è Filippo, il quale si mette in discussione chiedendo se forse sarà lui il traditore e ha l’espressione più bella di tutti gli apostoli in quanto emerge la sua angoscia e quanto stia partecipando alla sofferenza di Gesù.
Davanti a lui, vestito di verde con le braccia spalancate c’è Giacomo maggiore, mentre dietro, con il dito puntato verso l’alto vediamo Tommaso, il famoso dito indagatore di Tommaso che penetrerà nel costato di Gesù risorto. Per credere alla resurrezione di Cristo, infatti, dovrà toccare con mano, è come se Leonardo abbia voluto mettere in evidenza la caratteristica dubitatrice di questa figura. Poi, al centro, c’è Cristo che indica il pane e il vino, simboli del suo corpo e del suo sangue e, nello stesso tempo indica la sua doppia natura, divina e umana. Infatti si può osservare che un suo palmo è rivolto verso il cielo e l'altro verso la terra, quindi indica Dio e gli uomini, Lui che è mediatore tra Dio e gli uomini. Alla sua destra Giovanni che si chiude fisicamente, incrociando le dita davanti a sé, e si chiude anche emotivamente tenendo dentro di sé la sofferenza. Giovanni non si stupisce del tradimento in quanto Cristo glielo aveva già comunicato. Egli ha questi lineamenti così delicati, quasi femminili, che hanno fatto molto discutere dopo l’uscita del libro di Dan Brown. In realtà, Leonardo, in origine voleva rappresentare una figura molto mite e molto dolce e non bisogna dimenticare che Giovanni era il più giovane degli apostoli. In più dobbiamo considerare che il lavoro ad acqua che è stato aggiunto durante tutto l'ultimo restauro ha ingentilito tutto il dipinto e nel caso di Giovanni l'ha reso ancora più delicato.
L’apostolo con la barba bianca che sta dicendo a Giovanni di chiedere a Gesù di ripetere l’annuncio è Pietro, il quale con la mano destra sta tenendo un coltello. Con questo coltello Leonardo voleva sottolineare il temperamento impulsivo di Pietro che lo porterà a rinnegare, per tre volte, Cristo, e a tagliare l’orecchio al soldato romano nel momento della cattura di Gesù. Davanti a lui, con il volto scuro, l’apostolo che si appoggia al tavolo, quello è Giuda il quale tiene in mano il sacchetto con i trenta denari. Poi c’è Andrea che, con le mani davanti a sé, sembra giustificarsi di non essere il traditore. Giacomo minore che sembra trattenere l’impulsivo Pietro e poi Bartolomeo si protende in avanti e cerca, anche lui di partecipare a questo sgomento generale.
Quindi, come potete vedere, non c’è un apostolo uguale all’altro, c’è una grandissima varietà di reazioni.
Se andiamo verso il centro della sala possiamo ammirare la profondità del dipinto rappresentata da Leonardo con l’uso della prospettiva geometrica, come se volesse dare, ai frati che mangiavano nel refettorio, l’illusione di partecipare essi stessi all’ultima cena.
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